Il figlio di Babbo Natale – Recensione
Come può Babbo Natale trasportare e consegnare milioni di doni in tutto il mondo in una sola notte? Come riesce a calarsi nella cappa di un camino? E come fa a mangiare tutti i biscotti e il panettone che gli vengono offerti nelle case che visita?
Il Figlio di Babbo Natale
Regia: Sarah Smith
Interpreti (doppiatori): James McAvoy, Hugh Laurie, Bill Nighy, Jim Broadbent, Imelda Staunton, Ashley Jensen, Ramona Marquez.
Provenienza: USA-Gran Bretagna
Durata: 97 min.
Distribuzione (Italia): Warner Bros.
Data di uscita: 23 dicembre 2011 (Italia)
Dopo averci regalato autentici capolavori in stop-motion claymation come gli inarrivabili episodi di Wallace & Gromit e lo spassoso Galline in fuga, i ragazzi degli Aardman Studios passano all’animazione digitale classica con Il figlio di Babbo Natale, titolo italiano di Arthur Christmas che, curiosamente, deve vedersela in questi giorni con un altro Arthur animato in uscita nelle sale italiane, quello creato da Luc Besson per la trilogia dei Minimei.
E come i ragazzi degli Aardman, anche il buon vecchio Santa Claus è passato dall’artigianale all’alta tecnologia e per la sua impresa annuale ricorre ad una mega-maxi-astronave con un impianto di dissimulazione alla Star Trek, assistito da un esercito sterminato di elfi militarizzati, coordinati dal centro comando, situato al Polo Nord, pressoché identico a quello delle missioni NASA.
Dopo il settantesimo successo, tutti si aspettano che Babbo Natale se ne vada in pensione ma è troppo orgoglioso per riconoscere di aver fatto il suo tempo e decide di prolungare la sua attività un altro anno con somma delusione del figlio e prossimo successore Steve, una sorta di infallibile sergente di ferro, col pizzetto a forma di albero di Natale, che supervisiona le operazioni dalla base.
Sembrano tutti troppo presi da se stessi e quando salta fuori che una bambina non ha ricevuto il suo regalo, Babbo se ne va a dormire e Steve considera il mancato recapito una svista di poco conto. L’unico a cui sembri importare qualcosa è Arthur, il figlio minore, imbranato ma dal cuore grandissimo, intenzionato a rimediare all’errore e a consegnare il dono mancante prima dell’alba.
Ad assisterlo nella mission impossible ci sono l’elfa perfettina Bryony e il burbero ma simpatico Nonno Natale. Contrario alle innovazioni tecnologiche e fiero dei suoi trionfi nelle notti di vigilia, quand’era lui ad indossare il costume rosso, Nonno ricorre a metodi tradizionali quali la vecchia gloriosa slitta e le sue renne volanti: “Dasher, Dancer, Prancer, John, Bambi, Tu con l’orecchio bianco, tu e anche tu”. A chiudere il quadretto famigliare c’è la bonaria Mamma Natale, compagna di Babbo e voce della ragione in molte occasioni.
Ci troviamo dunque di fronte ad una divertente storia di conflitti generazionali, di sentimenti contro tecnologia, di egoismi e sogni disillusi. I personaggi sono caratterizzati benissimo ed animati con grande perizia. Certo, non siamo ai livelli della Pixar, ma la resa visiva è più che soddisfacente. I dialoghi sono vivaci e le gag comiche riuscite, seppur non geniali. Lo sviluppo della storia presenta alcuni punti di riflessione originali ed interessanti.
Il film funziona meno sulla parte avventurosa. Ci sono i soliti voli spericolati sulla slitta, con un 3-D coinvolgente solo a tratti, ed i consueti imprevisti come l’esercito che scambia la slitta per una nave aliena e cerca di abbatterla. Vedi Nightmare before Christmas. Certo, alcune trovate sono intelligenti e seguono la falsariga dei blockbusters action. La parte finale è un’evidente parodia di Armageddon con tanto di elfi che assistono dai monitor della base col fiato sospeso mentre un drammatico conto alla rovescia li separa dall’eventuale apocalittica “fine del Natale”. Ci sono pure le musiche di Harry-Gregson Williams, compositore proprio della colonna sonora del film di Michael Bay.
E’ un ottimo film di Natale per tutta la famiglia. Non scade nelle ingenuità buoniste tipiche di alcuni prodotti di animazione e mantiene sempre una sincerità di fondo. L’esito è scontato ma strappa qualche bella risata. Scivola via che è un piacere