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lunedì, 28 novembre 2011 - 12:30

Red State – Kevin Smith: Recensione

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Prodotto e distribuito in maniera del tutto indipendente ed annunciato come penultimo film nella carriera di Kevin Smith, Red State è solo apparentemente un horror e finisce per essere molto più che un semplice atto d’accusa verso fanatici religiosi o conservatori estremisti.

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Regia: Kevin Smith
Interpreti: Michael Parks, John Goodman, Michael Angarano, Melissa Leo, Kyle Gallner.
Provenienza: USA
Durata: 88 min.
Distribuzione: SModcast Pictures, Lionsgate.
Data di uscita: 19 ottobre 2011 (USA)

La storia si svolge in un Red State, uno stato rosso americano, colore che sta ad indicarne l’appartenenza repubblicana.

Tre giovani studenti rispondono ad un’inserzione on-line di una tizia che offre sesso di gruppo.

La donna, una straordinaria Melissa Leo, premio Oscar per The Fighter, è solo l’esca di una setta di fanatici religiosi.

Sembra il solito horror stile Non aprite quella porta, con il gruppo di ragazzotti in cerca di divertimento che finisce tra le grinfie di una manica di folli intenzionati a farli a pezzi. Non è esattamente così. I tre ragazzi non sono nemmeno i protagonisti della storia. I personaggi principali sono altri due.

Il primo è Abin Cooper, capo della setta. Smith, abile e prolifico scrittore di dialoghi, spesso sovrabbondanti, non poteva esimersi dal mettere in scena tutto il sermone del folle predicatore. Eppure, nonostante la lunghezza del monologo, la scena non risulta noiosa grazie all’incredibile bravura di Michael Parks che fornisce una prova di recitazione davvero ammaliante.

La fede di Cooper si basa sul timore di Dio e la missione di cui si fa carico insieme ai suoi sparuti fedeli, rigorosamente consanguinei, è quella di uccidere tutti coloro ritenuti colpevoli di condotta immorale. Non ci sono però torture o scene alla Hostel. E’ tutto molto immediato e la parte horror, se di horror si può parlare, si esaurisce in fretta.

Il secondo protagonista della storia è l’agente governativo Keenan, un John Goodman sempre grandissimo in tutti i sensi. Lui e i suoi uomini ricevono l’ordine sciagurato di irrompere in casa Cooper e fare piazza pulita senza lasciare superstiti, fossero anche bambini o ostaggi. Nella seconda parte, quindi, il film si trasforma in un action-thriller ed assistiamo ad un corposo scontro a fuoco abbastanza realistico e violento.

Smith, che ci aveva abituato a commedie con regie piuttosto statiche, qui cambia totalmente tono e ricorre alla handycam ma senza far venire il mal di mare al pubblico. Nella struttura, il film denota alcune delle peculiarità dell’autore, siano esse pregi o difetti. La narrazione è a tratti spezzettata e dispersiva. I sopracitati dialoghi sono lunghi ma funzionali. La caratterizzazione dei personaggi occupa buona parte del film lasciando poco spazio alla parte più spettacolare.

Come accade spesso nei lavori di Smith, a salvare la pellicola è il messaggio trasmesso in modo chiaro, forte e diretto. Le due fazioni rispondono ciecamente ad un’autorità superiore e in nome di tale entità non si fanno scrupoli a commettere le azioni più abiette credendo di averne tutto il diritto.

Il film va visto in quest’ottica. E’ un racconto diviso in due tronconi per esprimere al meglio l’ideologia dei due schieramenti in lotta, nessuno dei quali è dalla parte del giusto. Non è un horror come sembra promettere. Non è un mezzo di puro intrattenimento ed è pieno di imperfezioni, ma si lascia vedere e riesce a lasciare il segno, il che è molto più di quanto facciano tanti blockbusters hollywoodiani dai budget multimilionari.

Voto: 6,5

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Autore Articolo

- Reporter freelance, critico cinematografico e fumettistico, ambisco a lavorare per il Daily Planet.

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