
Scritto da Andrea Marchino.
Recensioni anime
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Regia: MASAHARU ENDO, AKIRA YAHIRO, MASAMI ANNO
Provenienza: Giappone (Studio Ashi per Nippon Animation, 1976).
Durata: 475 min. per 19 episodi su 4 dischi ogni box
Audio: Italiano Dolby Digital Dual Mono 2.0, Giapponese Dolby Digital Dual Mono 2.0 (sottotitoli italiani fedeli al doppiaggio italiano storico).
Prezzo: 49,90 Euro cad.
Distributore: Dynit
La Dynit, sfornati tutti i titoli robotici dell’epoca d’oro di un certo pregio che ha potuto opzionare (Daitarn III, Gundam, Trider G7 ecc.) continua a proporre serie legate al genere pescando nel calderone di quelle di secondo o terzo piano rimaste (tipo il recente Giunguiser), ne è venuta fuori una piccola chicca dei tempi andati ovvero questa “Blocker Gundan IV Machine Blaster” in Italia meglio nota come “Astro Robot Contatto Y”, assurta a livelli di popolarità inusitata qui da noi grazie alla sigla italiana veramente potente – Eccoli! Eccoli! Gli Astro Robot!!! – e al fatto non indifferente di aver goduto dei primissimi passaggi televisivi direttamente sulla Rai Tv (sul secondo canale, in quel lontano 1° Settembre 1980) e quindi a livello nazionale, fu infatti l’ultima serie robotica che la Rai trasmise dopo Goldrake, che fece da apripista per tutte le altre nel 1978 (il 4 Aprile) e Mazinga Z che debuttò anch’essa nel 1980 (il 21 Gennaio) quando oramai il genere imperversava, una delle tante leggende urbane narra poi di un “Yusha Rydeen”, “Rydeen il coraggioso”, tra le prime serie della Nippon Sunrise e di Tomino (il papà di Gundam), e da noi noto soprattutto per il giocattolone alto 60 cm della serie Shogun Warrior by Mattel, doppiato interamente con le voci del cast di Mazinga Z rimasto nei magazzini della Rai e MAI trasmesso perché intanto i cartoni giapponesi vennero presi d’assalto dalla pubblica opinione sobillata dai soliti sapientoni in quanto ritenuti violenti e diseducativi, com’è noto tutto ciò portò la Rai che aveva in un certo senso dato l’avvio al tutto con Goldrake a prendere le distanze da queste serie, diradando le repliche del primo, troncando Mazinga Z al 56mo episodio e trasmettendo solo per un breve periodo appunto Astrorobot, passandole tutte di lì a poco alle emittenti locali dove vissero ancora per più di un decennio di repliche fino a scomparire definitivamente dall’etere.
Il recupero di questa serie in particolare quindi è in un certo senso lodevole, data la sua importanza storica qui da noi, senza contare una caratteristica importante, in quanto un’altra leggenda urbana, decisamente più credibile della precedente, suggerisce che i disegni dei quattro robot protagonisti fossero stati inizialmente concepiti, insieme ad un quinto, per il seguito di Mazinga Z, quello più simile al suo predecessore fu poi adattato ulteriormente e usato in effetti per il Grande Mazinga mentre degli altri quattro si sono perse le tracce, se siete curiosi di sapere che fine hanno fatto questa è sicuramente la serie che fa per voi, gli Astrorobot hanno infatti caratteristiche molto affini ai ben più noti Mazinga a partire dall’agganciamento delle navicelle sulla testa dei robot, ognuna in maniera diversa, evoluzione quasi palese del pilder (poi jet pilder) e del brain condor, ci sono poi i missili che hanno tutti in dotazione e che sparano dalla cintura, chiaramente altro rimando ai ben più noti “Missili Centrali” dei Mazinga, con l’unica differenza che qui ne lanciano due contemporaneamente (“Missili” o “Razzi Fibulari”, “Dynamo Crusher” o “Dynamo Blaster” nel doppiaggio originale), abbiamo poi la classica arma bianca, dopo l’Iron Cutter di Mazinga Z (e se vogliamo le sue “Stelle del Sud” che lanciava dalle ali o i “Drill Missile” dagli avambracci) e la mitica “Spada Diabolica” del Grande Mazinga (e l’Alabarda Spaziale di Goldrake), ci sono le “Kres Hawk” o “Double Tomahawk” di Terremoto Stellare (il primo robot, RoboKres in originale), “Asce Rotanti” nel doppiaggio italiano, le “Lame Trancianti” di Sfondamento Galattico (il secondo, Bull Caesar, con le “BullSisar Crux”), le “Lame Incandescenti” di Turbine Solare (il terzo, Sundaio) che sfila dalla schiena, e infine le altrettanto mitiche “Mazze Ferrate Nucleari” di Tempesta Spaziale (il quarto e più potente, Boss Palder con le sue “Palda Chain”), ci sono poi le “Catene Spaziali” lanciate dagli avambracci di RoboKres e il “Pugno Sfaldametalli” di Sundaio (molto simile al Pugno Atomico Rotante) e le similitudini diventeranno evidenti a chiunque, aggiungiamo infine i raggi che tre degli Astrorobot sparano dalle antenne della loro testa (che possono ricordare il “Raggio Congelante” di Mazinga Z e il “Fulmine del Cielo/Thunder Break” del Grande Mazinga) e i “Raggi Oculari” che lancia il quarto, “Palda Beam” (che possono rimembrare i “Raggi Fotonici” di Mazinga Z) nonché la griglia sulla faccia del I e III robot molto vicina se non quasi identica a quella dei Mazinga e abbiamo più di qualche similitudine, ma un grado di parentela vero e proprio.
Il destino poi a volte ci mette lo zampino, ed è quindi curioso notare che la Rai finì all’epoca per proporre, anche se in ordine del tutto sballato, Goldrake la serie che concludeva la trilogia mazinghesca, poi il capostipite Mazinga Z, e infine la serie con protagonisti i robot che avrebbero dovuto precedere il primo e sostituire quest’ultimo, gli stessi che divisero proprio col sommo mito (ovvero Goldrake) il giornaletto che all’epoca pubblicavano le Edizioni Flash in accordo con la Rai, completamente disegnato in Italia (con risultati non sempre decenti), “Atlas Ufo Robot presenta Goldrake”; arrivato quasi al centesimo numero iniziarono a comparire anche gli Astrorobot in appendice, purtroppo i diritti per la riproduzione e la pubblicazione di Goldrake non erano stati pagati, per cautelarsi (dopo decine di albi) le storie di Goldrake vennero trasformate con trame spionistiche che vedevano Actarus protagonista e il robot quasi del tutto scomparso (un’assurdità), urgeva a quel punto mettere qualche robottone nel giornale e gli Astrorobot capitarono a fagiolo (erano pure in quattro), poi come era quasi inevitabile vista la pochezza e l’insensatezza di storie in cui Actarus combatteva presunte spie nemiche senza usare Goldrake, presero addirittura il posto del protagonista (inaudito!) relegato in storie sempre più anonime con poche pagine in appendice (!!).
Venendo alla storia dell’anime, i nostri difensori dell’Umanità questa volta devono vedersela con gli alieni Moguru (Moghul) provenienti dal Pianeta Cinque (?!), guidati dalla loro perfida regina Hellqueen che si risvegliano da un sonno millenario (nascosti sott’acqua per ripararsi dai raggi solari per loro letali) e rivendicano ovviamente il possesso del pianeta, solo i robot del professor Yuri, costruiti basandosi sui progetti di uno scienziato Moguru ritrovati da un archeologo, sono in grado di fermarli (incredibile); purtroppo per farli funzionare sfruttano una qualità particolare che solo in pochi sono ad avere, il potere Ypsilon (“elepas” in originale), che manco a farlo apposta abbonda di più tra i nemici, il più dotato dei 4 piloti, Yanosh/Tenpei, di fatto quello fondamentale affinchè gli Astrorobot raggiungano il loro pieno potenziale in battaglia, scoprirà infatti di essere un loro discendete (e di qui drammi umani e esistenziali a profusione, soprattutto quando lo sapranno anche gli altri suoi compagni), oltretutto è quello più pervicacemente ostinato a non voler pilotare il suo robot e bisogna spesso fare i salti mortali per convincerlo (una volta arriva in ritardo perché voleva dar da mangiare agli uccellini della sua gabbietta, ep. 4), tranne ovviamente la volta in cui i Moguru faranno credere di abbandonare la Terra e quindi ogni velleità di conquista rendendo inutili gli Astrorobot, allora sì che gli dispiacerà non poter più pilotare il suo Boss Palder (ep. 20), avrà anche un episodio completamente dedicato ad una sua personale avventura nella quale non compariranno nemmeno di sfuggita i 4 robot (ep. 24), scelta decisamente inusuale, non mancheranno comunque puntate drammatiche anche per tutti gli altri piloti e co-protagonisti della serie (fino ad arrivare addirittura alla mascotte robotica della base, Picot, ennesimo epigono di Astroboy); un po’ sottotono i nemici, tutto sommato abbastanza anonimi (sono praticamente tutti uguali, ma anche i chara design abbastanza semplici non aiutano), tranne la regina e i suoi due sottoposti, lo scienziato Zanga e il capo dell’esercito Goroski, che si rovinano la reputazione ogni volta già solo col loro saluto idiota con la gamba alzata di lato, sono però dotati di una certa qual perfidia (un minimo!) che li porterà a sfruttare i punti deboli degli avversari tutte le volte che ne avranno l’occasione e soprattutto riusciranno nell’incredibile impresa di distruggere gli Astrorobot per ben due volte (e la seconda volta anche la loro base), nelle mitiche puntate doppie 9/10 e in quelle quadruple (!) 25/26 (la più epica e drammatica in assoluto, una sorta di finale della serie anticipato, quello vero avrà invece meno pathos seppure molto combattuto) e 27/28 (che vedono anche il cambio di regine al comando dei Moguru), chiaramente i nostri eroi riusciranno, seppure faticosissimamente, a tornare in pista, ma le batoste saranno notevoli: menzione speciale poi per il doppiatore unico, in tutti i sensi, dei suddetti Zanga e Goroski ovvero il compianto Gino Pagnani (che ha dato la voce tra gli altri a Barney Rubble dei Flintstones e Bem il mostro umano), che oltre a dividersi ottimamente tra i due ruoli gli donerà quel po’ di spessore e anche di simpatia in più di cui sicuramente avevano bisogno.
Per quanto riguarda l’edizione, il video è stato ovviamente rimasterizzato con risultati decisamente molto buoni considerando la difficoltà oggettiva di lavorare su pellicole vecchie (come in questo caso) di 33 anni, purtroppo la digitalizzazione delle pellicole, soprattutto di cartoni animati, non potrà essere sempre perfetta, ma qui a fare i pignoli i segni lasciati dal tempo sono una manciata di graffi e spuntinature qui e là, che oltretutto non si notano tantissimo, un po’ più preoccupante magari l’effetto scalettato in qualche breve campo lungo, ma si tratta di casi veramente sporadici (si conteranno si e no sulle dita di una mano), piccolissime sbavature se vogliamo, la Dynit peraltro ha dimostrato di aver fatto buone cose con tutte le sue ultime serie robotiche, per cui un po’ di accondiscendenza ci può stare anche perché nel complesso c’è di che essere soddisfatti.
Sul fronte audio c’è poco da rilevare a parte il gracchiare in pochissimi punti della pista con la traccia storica e l’alternarsi di momenti più limpidi e chiari con altri più ovattati, anche qui difetti minimi da mettere in conto con questo tipo di filmati, il tempo inclemente evidentemente ha fatto dei danni leggermente più rilevabili che nel comparto video, ma nel complesso non sono così evidenti e il tutto rimane assolutamente ascoltabile, semmai in certi episodi (per fortuna pochi e solo in alcuni momenti) soprattutto coi gridi di battaglia, l’effetto è un po’ confuso e fastidioso, ma parliamo di inezie, meglio, e soprattutto consigliata, la traccia giapponese che consente di apprezzare finalmente i nomi originali dei robot e le loro armi chiamate durante gli scontri, senza nulla togliere a quelle roboanti e fantasiose (nonché esagerate) del vecchio doppiaggio italiano, peccato per i sottotitoli presenti ma fedeli proprio a quest’ultimo, che per carità, magari non sarà stato così “libero” come in altri casi, ma se proprio un ridoppiaggio sarebbe stato chiedere troppo, forse una traccia coi sottotitoli fedeli ai dialoghi originali ci poteva stare, avrebbe consentito di apprezzare tutte quelle sfumature che invece così si perdono definitivamente, come la traduzione esatta degli spettacolari gridi di battaglia lanciati durante l’agganciamento, sicuramente cambiati nel doppiaggio storico seppure sulla scena risultino efficaci, e anche i nomi delle diverse armi dei robot e delle loro unioni per scagliare il colpo finale (comprensibili solo quando sono inglesizzate), su tutte la prima e forse più famosa era la “Girandola Y Magnetica” che in realtà suonava in tutt’altro modo come “La Rotazione del Cerchio Lunare” (decisamente più suggestiva e poetica), per quel poco che si può evincere dai sottotitoli delle anticipazioni (quelli sì fedeli al testo giapponese), lodevole però l’integrazione di tutti i minuti tagliati (ad es. all’inizio dell’ep. 1 e alla fine del 5), presentati col doppiato giapponese e i sottotitoli fedeli in automatico.
Pochi gli extra, presenti solo nel primo disco del primo box, e consistenti nelle due sigle, di testa e di coda, nelle due versioni, italiana e giapponese, e un’art gallery con diversi disegni preparatori; su tutti i dischi si troveranno invece i trailers delle nuove uscite anime e le preview di alcuni manga, molto belli i menù dedicati alternativamente ai 4 robot protagonisti, ognuno con le back ground music in sottofondo.
Ultime annotazioni riguardo la travagliata edizione Dynit, comunque sia chiaro nel complesso decisamente buona, forse i tempi di crisi hanno spinto per dei ripensamenti a progetto ormai avviato, si è passati quindi dall’idea usata per le altre serie di uno o due box (a seconda della lunghezza) in cartone rigido con 4 o 5 dvd, ognuno con la sua custodia amaray, a due eleganti box in edizione sempre limitata in cartoncino, con custodia interna apribile a 4 ante ricca di serigrafie e disegni, tutti del ben noto Kazuhiro Ochi, illustratore delle bellissime copertine dei manga di Mazinga e Goldrake della d/visual, oltre che degli splendidi disegni di Dynamic Heroes; in regalo col primo box un suo poster con tutti e 4 gli Astrorobot, col secondo un piccolo libretto con diverse notizie, disegni preparatori e curiosità sulla serie, l’edizione definitiva è stata presentata quindi ad un prezzo vantaggioso, anziché 20 Euro per un disco, o 80 per un box con 4, si è scesi a soli 50 Euro per 4 dischi (con una media di 5 episodi l’uno), tuttavia a sorpresa la stessa Dynit ha già posto in vendita ai primi di settembre, a ridosso dell’uscita del secondo box limitato, una versione da edicola in 8 uscite singole mensili a 9,99 Euro l’una, i dischi in questo caso vengono venduti in apposite custodie amaray appunto singolarmente, non è dato sapere se anche con poster e libretti allegati.
VOTO 8
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