Recensione: Rango
Rango
Regia: Gore Verbinski
Provenienza: USA
Durata: 107 min.
Produzione: Nickelodeon Movies, Industrial Light & Magic, GK Films, Blind Wink
Recensione
Un camaleonte che si crede un attore, e che trascorre la sua vita dentro un piccolo acquario in compagnia di una bambola rotta e qualche altro giocattolo, finisce fuori dell’auto su cui stava viaggiando, nel desertico confine fra Stati Uniti e Messico. Catapultato nel mondo reale, fra i pericoli scaturiti dagli uomini e quelli della natura, raggiunge Dirt, una cittadina popolata da tartarughe, rospi, lucertole, iguane e serpenti. Anche grazie alla sua capacità affabulatoria, riesce a mettersi in luce e a conquistare la gente del luogo, calandosi nel ruolo di Rango, un leggendario pistolero. Il problema che funesta la città però, al di là dei soliti criminali, è la siccità, che rischia di costringerli tutti ad abbandonare la frontiera.
Nei desolati paesaggi desertici e nelle polverose strade di Dirt, pulsa un cuore da western puro, uno dei migliori che si siano visti di recente al cinema, con tanto di ladri, saloon, cavalcate sotto il sole, e duelli all’ultimo sangue. Un atto d’amore appassionato allo spirito libero e alla leggenda americana del vecchio west, incarnato da uno spirito divino. Un omaggio in special modo all’immaginario degli spaghetti western, che in qualche caso si tinge di parodia, e che ne padroneggia al meglio gli elementi distintivi. Ma dietro quest’impianto di genere, brillano spunti sociali ed ecologici molto attuali, nonché una sorprendente riflessione sul ruolo dell’eroe. Rango è infatti un film che non si limita ad intrattenere, ma che propone tutta una serie di situazioni che lo rendono adatto ad un pubblico maturo, mentre gli spettatori più piccoli possono godere dei numerosi aspetti comici. Come un film della Pixar, va oltre i confini che solitamente ci si aspetta da un cartone animato, scavando più in profondità nei personaggi, sperimentando modelli narrativi inconsueti. Ma Rango compie ancora un passo in avanti, negando il classico ritorno a casa finale. La vita cambia, e spesso non si torna indietro.
Lasciato a Rob Marshall il testimone per la regia del quarto episodio della saga dei Pirati dei Caraibi, dal 2007 Gore Verbinski si è dedicato a questo particolare progetto, il suo primo film di animazione. Prima esperienza in questo campo anche per la leggendaria Industrial Light & Magic, che finora si era sempre limitata a realizzare effetti visivi per pellicole live action. Ed è un esordio sicuramente esaltante per entrambi. Gli animatori dello studio di George Lucas hanno espresso un lavoro di altissimo livello tecnico, che non ha nulla da invidiare alle altre case di produzione di computer grafica. Avvalendosi della consulenza di Roger Deakins (come già aveva fatto la Pixar per Wall-E) hanno elaborato una fotografia di straordinaria raffinatezza, rendendo palpabile la sensazione di arsura del deserto. Hans Zimmer ha firmato una delle sue colonne sonore più atipiche, sottolineando le parti più divertenti e sperimentando melodie mariachi. La sceneggiatura dell’esperto John Logan (autore de Il Gladiatore, The Aviator, L’ultimo samurai, Sweeney Todd) è particolarmente brillante, anche se talvolta esagera nel voler marcare eccessivamente di grottesco qualche scena. Con un ritmo incalzante e senza un attimo di pausa, il viaggio del camaleonte in crisi d’identità (quale migliore metafora) varia la sua forma e il suo percorso. Inizia come cammino spirituale, muta in commedia, diventa film d’azione, poi drammatico, e nel suo momento più alto: onirico e sognante. Ammicca con continue citazioni all’opera di Sergio Leone e soprattutto alla leggenda di Clint Eastwood, ma anche a pellicole come Il Signore degli Anelli, Apocalypse Now, e alla figura di John Huston in Chinatown.
Gore Verbinski aveva già dimostrato di possedere una mano raffinata nei film per l’infanzia con Un topolino sotto sfratto, piccolo gioiello di comicità slapstick. Poi era finito nei territori horror di The Ring e in quelli fantastici della saga di Jack Sparrow. Si è portato dietro Johnny Depp (Rango) e Bill Nighy (Jake Sonagli) in questa nuova derivazione della sua eclettica carriera, ed è qui che sembra poter dare il meglio. Rango è un film veramente sorprendente, in cui convivono il divertimento più puro e l’ambizione ad essere molto più di uno spettacolo per gli occhi. Una storia che propone una riflessione oltre che un coinvolgimento emozionale. Un’avventura nel vero senso della parola, dove un attore recita la storia in cui è capitato, fino a diventarne parte. Dove, oltre a mostrarlo, si parla del ruolo dell’eroe. Un film d’autore. Un nuovo passo in avanti nel campo dell’animazione. Finalmente un rivale per la Pixar.
Voto: 9
Film da vedere, se poi va male so con chi prendermela: l’incompetenza assoluta dei cinematografari italiani!! Se non fà almeno 1000 posti pieni non ci piace…
Aldilà delle battute non concordo sul fatto che sia un film per un “pubblico maturo” è un bel film per tutti…Grandi, piccoli, piccini e piccolissimi, che vorranno sicuramente tirare la coda a Rango…a più livelli di lettura, questo è sicuro. Un vecchio bel Western alla Sergio leone…..Moltissime le citazioni